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miércoles, 21 de septiembre de 2022

LA CITTÀ DEI SANTI di Luca Buggio - RECENSIONE


Dei tre libri che compongono la trilogia di Torino sull’assedio subito all’inizio del XVIII secolo, forse questo è il più magico, e anche il più difficile di capire. Adesso, mentre scrivo questa recensione mi è venuto in mente la maniera di scrivere e raccontare storie dei greci e romani antichi, dove gli dei e gli uomini vengono sconvolti in battaglie e altre storie, in un groviglio a volte quasi inestricabile tra quello che si vede e quello che non, tra il mondo degli uomini e il mondo dell’invisibile, ma esistente. 
Sin dall’inizio del libro il mondo sopranaturale si apre cammino e Gustìn sarà di aiuto per quelli esseri che lo popolano. Luca Buggio intreccia la leggenda e la realtà in maniera perfetta tramite questo rapporto tra Gustìn e i Cavalcanti, i protettori di Torino.

Le leggende sull’origine di Torino parlavano di un Toro che era diventato protettore della città dopo aver sconfitto un Drago (p. 28). 

Su questa premessa si svolge il romanzo La città dei Santi, i personaggi che abbiamo conosciuto nei libri precedenti (La città delle streghe, La città dell’assedio) svolgeranno la sua personalità e prenderanno posto tra i Santi oppure i Figli del Drago. 
Due battaglie, una sulla terra e un’altra sottosuolo, una visibile e un’altra invisibile, si narrano nelle 468 pagine del libro. Tutti gli enigmi che nei romanzi precedenti sono stati abbozzati avranno la sua soluzione.Specialmente sono carini i ragazzini che vivono sulla via, che sono figli di famiglie molto poveri e anche può darsi che loro stessi siano dei piccoli delinquenti, ma anche tra loro, esiste l’onore e il senso della giustizia, a volte un po’ bizzarra, ma sempre giustizia.
Le scene di violenza che si descrivono nel libro (battaglie, risse) sono realistiche e il lettore può immaginarle alla perfezione: 

Il momento del tutto per il tutto, uomini contro uomini, moschetti e baionette. I difensori soverchiati del numero di quasi cinque contro uno (pagina 267). 

Un drappello di granatieri avanzò fin sotto la porta di Soccorso, la baionetta innestata e i bottoni di metallo delle uniformi che brillavano al baluginare dei fuochi. Tutt’intorno cadeva una pioggia di sassi lanciati dai mortai nemici: rimbalzavano per terra, fracassavano teste e spalle (pagina 275) 

Non c’e bisogno di descrivere i membri rotti, il sangue versato sulla terra, con una economia di parole lodevole Luca Buggio riesce a metter davanti agli occhi dei lettori la crudeltà e la violenza della guerra e dell’essere umano. 
Mi sembra assai difficile fare una recensione di un libro che è l’ultimo di una trilogia, non voglio scoprire troppo e neanche poco. 
Direi un’altra volta che Luca Buggio è un grande scrittore? Non ne parlerò giacché uno scrittore che riesce a mantenere i nervi a fior di pelle fino all’ultima pagina della sua storia (1.248 pagine, per la esattezza) deve esserlo senza dubbio. Io non dirò il contrario. 
Con questo libro ho scoperto un pezzo di Istoria dell’Italia che tanto amo e anche che, quando si mette l’anima in quello che si fa, come ha fatto Luca Buggio, lavorando sodo, sia tanto nella documentazione storica che sullo svolgimento di personaggi, con le loro emozioni, le loro tristezze, il prodotto che ne esce è ottimo; allora siccome autore la soddisfazione deve essere piena per poter lanciare tre creature al mondo letterario e mostrare la passione che si ha messo nel farlo, e che questa passione sia stata trasmessa ai lettori tramite una scrittura accurata, limpida, dove tutte le parole hanno il posto giusto; come lettore, la soddisfazione sarà ancora di più, per avere l’opportunità di averlo tra le mani e aver potuto leggerlo nella sua lingua originale. È stato un vero piacere. 

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