miércoles, 29 de noviembre de 2023

ANIME IMMONDE di Giuseppe Vivona - RECENSIONE

 
Fare una recensione non è mai facile. Neanche scrivere una su questo libro di Giuseppe Vivona. Ammetto che mi piacciono i libri da 200 pagine in su. Sarà perché io non riesco di solito a scrivere un libro di meno 200 pagine? Forse. Esprimersi senza utilizzare descrizioni puntigliose, senza fare una descrizione dei personaggi con ogni particolare, non è affatto facile. Ma Giuseppe ci riesce. 
Dal primo momento in cui ho cominciato con la lettura di Anime Immode ho cominciato a ridere. Vuoi dire questo che il libro di Giuseppe è un romanzo comico, allo stile di quelli di Woodehouse? No, assolutamente. Ma io ho riso un sacco con il personaggio di Alessio dal primo istante in cui ho conosciuto il suo mestiere: informatore scientifico. 
Da allora in poi è stata una vera pazzia, un susseguirsi di parole, parolacce e cambio di atteggiamento di un uomo che ha perso la pazienza. Ho ricordato quel film con Michael Douglas. Questa è stata la prima immagine che mi è venuta in mente. 
Mentre leggevo mi ho chiesto la ragione del titolo del libro. Ammetto di aver letto la quarta di copertina ed ero curiosa di arrivare al momento in cui i demoni appaiono nel romanzo. Quello che ho visualizzato sono stati piccoli nanni brutti, anzi, bruttissimi. Giuseppe Vivona ha scritto un libro tra l’orrore, la quarta dimensione, i multi universi, e le sette sataniche. E l’ha fatto in maniera egregia, la colpa è soltanto mia se non sono riuscita a sentire questa paura che doveva trasmettere e che, sicuramente, è riuscito a farlo con altre persone che hanno letto il suo libro. Di fatto, ci sono tutti gli ingredienti di un bel romanzo d’orrore, di terrore. Sono io che ho fallito. Ma non ti preoccupare, Giuseppe Vivona, il tuo romanzo ne vale la pena. 
Il personaggio di Noemi/Elena, il più complesso dei tre protagoniste di Anime Immonde, è quello della femme fatale dei vecchi film in bianco e nero. Tutto il romanzo mi rimanda vecchi film già visti, ma questo non vuol dire che la maniera in cui Giuseppe Vivona scrive il libro sia banale, vuoi dire che ogni scrittore, e anche ogni lettore, ha le sue scelte, prodotte dalla sua educazione, a cui non puoi fare a meno. 
Succede anche con il personaggio del commissario Marrone, una specie di Marlowe all’italiana. 
E non dico più. Il libro mi è piaciuto, la maniera di scrivere di Giuseppe Vivona è scorrevole, il vocabolario si capisce benissimo anche per una persona come me che non sono madrelingua italiana. I legami che ci sono tra personaggi appaiono realistiche e l’argomento, man mano che si sviluppa, cattura al lettore che si mette in ansia cercando di sapere come finisce il libro. Complimenti Giuseppe Vivona!

martes, 28 de noviembre de 2023

SIAMO COME LE LUMACHE di Laura Moreni - RECENSIONE

Mia madre è rovinata giù dalle scale un sabato notte, fratturandosi la gamba destra in diversi punti

Così comincia il libro di Laura Moreni. Quindi, si può pensare che la storia si svolgerà intorno a questo fatto; che il libro racconti il rapporto tra la mamma malata e la donna protagonista. 
A questo punto mi sono chiesta: Un altro libro con l’argomento della donna forte che riesce ad andare avanti a dispetto della sua vita travagliata? Ed con questo piccolo pregiudizio ho cominciato a leggere la storia di Tilda.
Forse se non avessi dovuto fare questa recensione non avrei letto il libro. E sarebbe stato un grossissimo errore da parte mia. Perché ho continuato a leggere, a conoscere ben bene la storia di vita di questa professoressa e dei suoi amici Dodi, Gubo e Anita; dei rapporti di amicizia che si tramontano all’infanzia, e anche dei loro genitori e dei loro fratelli. Ho capito che il libro prendeva un’altra piega, che mi ero sbagliata. E come! 
La storia era più complessa di quanto mi aspetavo. 
Siamo come le lumache parla di persone reali, con i loro pregi e difetti, che cercano vivere una vita serena e che non riescono a farlo. I rapporti tra i personaggi, e ringrazio a Laura Moreni la sua chiarezza descrivendoli, non sono affatto facili. Mi ricordo che, a un certo punto della lettura, ho pensato, Tilda, sei veramente una cretina, come puoi dare retta a un uomo come Dodi, sei impazzita? Mandalo a quel paese! 
Perché, a dire il vero, questo l’ho fatto io un paio di volte. Come si dice: faccio tabula rasa e comincio un’altra volta. 
Giusto in questo momento ho visto che il libro non era così facile da capire, che il via e vai di personaggi come Dodi e Gubo, avevano una precisa ragione e che doveva continuare a leggere per capire cosa voleva dire l’autrice. 
Un libro che avevo iniziato lentamente e poi l’ho divorato in un sabato pomeriggio fino a che i miei occhi non vedevano righe, se non caratteri che ballavano una polka. 
Quale è stato il personaggio che davvero mi ha colpito? Gubo, senza dubbio. Forse perché mi sarebbe piaciuto essere come lui, dall’inizio, una persona che ha preso la vita come era, dura o meno, e che ha saputo andare avanti con una serenità invidiabile. E poi la storia della mamma di Tilda, lei che separata dal marito è riuscita a farsi una vita nuova, tutta sua, senza alcun rimorso. Ho anche voluto bene a questo personaggio e gli altri che sono intorno suo. 
Man mano che si avanza nella lettura di Siamo come le lumache il lettore capisce molte cose, anche quelle che ha voluto tenere nascoste nella sua vita. È un libro che parla della consapevolezza che arriva con il tempo sulle cose che non capivamo quando eravamo tanto giovani, quando credevamo che eravamo invincibili, quando i nostro sentimenti facevano parte di una tragedia greco romana, per poi darci conta che la vita, finalmente, si chiude con un cerchio e che questo cerchio e i diversi passi che abbiamo fatto fino a completarlo avevano una ragione precisa. Non serve a niente il nostro stress, la voglia di fuggire molto lontano, alla fine dovremmo capire che siamo come le lumache, che anche se vogliono arrivare allo suo scopo ciò si trova vicino, molto vicino al punto di partenza, ed è giusto che sia così.

jueves, 19 de octubre de 2023

DIARIO DE UN PSICÓPATA de Stefano Vignaroli - Primeras páginas

Antes de entrar en casa, Eleonora, con el cigarrillo encendido en la boca, cogió la correspondencia del buzón. Era la primera hora de la tarde del 21 de diciembre de 2012, el aire era límpido, un gélido viento del noroeste había eliminado todas las nubes y el sol resplandecía aunque, a pesar de toda su fuerza de voluntad, no conseguía caldear la atmósfera como le hubiera gustado. ¿Alguien había dicho o escrito que ese día debía acabarse el mundo? Puf, Eleonora no parecía percibir en el ambiente extrañas señales de terremotos o inundaciones o de otras catástrofes naturales inminentes. Más bien era su corazón el que se había sumido en la oscuridad más absoluta desde hacía unos días, desde que su compañera Cecilia le había confesado que se había enamorado de un hombre y no quería saber nada más de ella. ¿Por qué? Se encontraban tan a gusto juntas, podían dar rienda suelta libremente a todos sus instintos sexuales y gozar plenamente del placer que cada una hacía sentir a la otra. Cecilia nunca sería feliz con un hombre como podría haberlo sido con ella. Definitivamente debía intentarlo otra vez para que su dulce compañera regresase con ella. Entró, puso en el suelo las bolsas de la compra, que había arramblado a la buena de Dios en el supermercado donde trabajaba como cajera, y apoyó las cartas sobre la mesa. Finalmente consiguió dar una calada al cigarrillo y apagarlo en el cenicero, justo a tiempo para evitar que un par de centímetros de ceniza cayesen al suelo reluciente. Entre todas las cartas, su mirada fue atraída por uno de aquellos sobres acolchados, de los que se usan para enviar Cds o libros pequeños, para evitar que el contenido se pueda dañar antes de ser entregado. No tenía remitente. Con el corazón que se le salía del pecho abrió el sobre, esperando que fuese un mensaje de Cecilia. En el interior sólo había una cartulina cuadrada con un extraño dibujo. Círculos y arcos de círculo trenzados y entrecruzados entre ellos simulando un extraño efecto óptico de figura en tres dimensiones. Los ojos de Eleonora miraron fijamente la imagen que, aparentemente, comenzó a girar, cada vez más rápidamente, como un molinete que quisiese atraer todo hacia su centro. La mujer perdió la noción de la realidad y empezó a ver algunas letras salir desde el centro de la figura, para dirigirse hacia su mente y quedar fijadas en un remoto ángulo de su cerebro como clavos incrustados en la pared a fuerza de martillazos. El conjunto de las letras, en un cierto momento, formó una frase: MATA Y MÁTATE. TU ARMA ES EL FUEGO. 
La imagen, poco a poco, dejó de dar vueltas y Eleonora volvió a ser consciente del ambiente que la rodeaba, pero no de sus acciones, que ahora eran dictadas por aquella frase impresa en su subconsciente. 
Cogió el teléfono móvil y llamó a Cecilia. 
Necesito hablarte. Tranquila, será la última vez, luego serás libre de marcharte con tu hombre. Dentro de dos horas delante de las instalaciones deportivas, te espero dentro de mi coche. 
Colgó sin darle tiempo a responder, sabía que la amiga se presentaría a la cita. Se preparó cuidadosamente, escogiendo ropa elegante e inundándose de desodorante. Puso atención en el arreglo del cabello y roció laca en abundancia para mantener el peinado. Se puso sus pendientes y sus piercing y, finalmente, dedicó tiempo a maquillarse: base, maquillaje, lápiz de labios. Finalmente se miró en el espejo juzgando el resultado más que satisfactorio. No pudo evitar, mientras miraba su imagen reflejada, llevar una mano al bajo viente, acariciar su monte de Venus y sentir un pequeño escalofrío. 
A partir de entonces supo exactamente lo que debía hacer. Antes de llegar al lugar de la cita se pasó por el estanco y compró un paquete de cigarrillos y algunas bombonas de gas para mecheros. La muerte llegaría enseguida después del último e intenso acto de placer.

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lunes, 2 de octubre de 2023

ODIO MEDITERRANEO di Marco de Luca - RECENSIONE

A volte un titolo è un ottimo riassunto di un libro; a volte non si capisci bene cosa voglia dire l’autore. Ciò non vuol dire che il titolo sia sbagliato bensì che è stato scelto con tanta cura che deve attirare l’attenzione del lettore affinché si impegni nella lettura del romanzo. 
Proprio questo è successo con Odio Mediterraneo di Marco De Luca. 
All’inizio, prima di cominciare la lettura, pensavo che fosse un libro pieno di scene crudeli, viscere ovunque e via dicendo. 
Non ne avevo la più pallida idea dell’argomento. 
Ho preso però il libro con curiosa perché il romanzo storico mi piace da morire, sia che abbia un mistero da scoprire o che racconti di battaglie, sia che racconti la vita di un personaggio, conosciuto o meno, e via dicendo. 
Così ho cominciato a leggere Odio Mediterraneo

Il libro ha come sfondo storico la Venezia del XVI secolo, per l’esattezza si svolge nell’anno 1568, tre anni prima della Battaglia di Lepanto. 
Detto questo, andiamo al dunque. 
Il protagonista della storia si chiama Maffeo Raffaelli; abita a Venezia e fa il mercante. Lui però non è nato a Venezia ma in Dalmazia, che all’epoca era sotto il dominio della Repubblica di Venezia. 
La storia descrive diversi tipi di “odio” che predominano nel Mediterraneo e non solo: il primo “odio mediterraneo” è la paura del diverso, di chi veneziano d’origine vede di cattivo occhio i forestieri, anche se questi sono arrivati quando avevano otto anni e adesso ne hanno più di cinquanta. 
Maffeo non è un rampollo di una casata nobile, è nato povero ed è riuscito a raggiungere la ricchezza con il suo lavoro di mercante. 
Questo determina il secondo “odio mediterraneo”: l’odio di chi crede di essere migliore degli altri giacché appartiene a famiglie antiche da secoli. 
Maffeo si sposa con una donna che appartiene a una di queste casate. 
Questo determinerà il terzo “odio mediterraneo”: quelli che credono che un uomo semplice non si debba mischiare con i nobili, che il sangue non va mischiato e che presto o tardi questo porterà alla rovina. 
Maffeo è un uomo che somiglia a quei cani che abbaiano ma non addentano mai. Può darsi che sgridi i suoi servi ma, più e mai più, metterebbe una mano addosso a loro. 
Questo è il quarto “odio mediterraneo”: quello che provano coloro che credono di essere al di sopra di tutti solo per nascita. 
Maffeo ha relazioni commerciali con tutti quanti abitano a Venezia, anche con gli ebrei del ghetto. 
Questo è ancora un “odio mediterraneo”: l’odio verso gli ebrei, chiusi nel Ghetto come pecore. Ma non solo. Anche verso i poveri che non hanno un altro posto dove possono abitare. 
Ma la storia continua e Maffeo, dopo una serie di sventure, perde tutto, diventando schiavo di un turco molto importante. 
Ecco il sesto “odio mediterraneo”: l’odio tra cristiani e musulmani, il seme forse della Battaglia di Lepanto. 
Purtroppo c’è un odio che non cambierà mai. Un odio che ancora possiamo sentire ogni giorno, veramente irragionevole, l’odio in maiuscolo: l’ODIO DI MASSA. E anche di questo parla Odio Mediterraneo di Marco de Luca. 
E poi, i personaggi, come sono i personaggi che popolano il libro di De Luca? Allo stesso ritmo che la storia si svolge e cresce fino ad arrivare al culmine del romanzo, così i personaggi di Marco de Luca crescono e vanno avanti nello svolgimento della loro personalità. Ognuno appare per quello che è, fragile a forte, senza maschere o trucchi. Sia Maffeo che Sofia (sua moglie), Maria (la loro servetta) oppure Bembo (il patrizio nemico di Maffeo) si rendono conto che le cose non sembrano quello che sono in realtà. 
Qualcosa sta cambiando, sia nella società del XVI secolo sia nelle persone che vivono in questa epoca, niente può rimanere fermo molto tempo e così deve essere. 
Lo stile dell’autore è semplice ma elegante; inserire ogni tanto parole in veneziano, anche in bocca dei patrizi, o in spagnolo, quando Maffeo visita un ebreo originario della Spagna, rende veritieri i personaggi. 
Come finire con questa recensione? 
Con uno dei paragrafi che mi è piaciuto di più, quando Maffeo ritorna a Venezia: 

Com’era bella la sua città. Nulla sembrava cambiato. Era lì tra le due colonne, che si svolgevano le migliori acrobazie durante il Carnevale, che il popolo assisteva all’amministrazione della giustizia, e che attraccavano i vascelli carichi di merci e denari. Era lì che sarebbe dovuto sbarcare, rientrato dalla spedizione

Tutto l’amore del protagonista per la sua città si esprime in maniera concisa in questo paragrafo che, letto ad alta voce, ha una musicalità speciale e riesce a far vedere al lettore scene tipiche in Piazza San Marco e anche a sentire la meraviglia che lo stesso Maffeo sente e che trasmette a chi legge il libro in maniera egregia. 
Odio Mediterraneo è un libro che si legge con curiosità, con molto piacere, in maniera scorrevole, che trasmette con sentimenti e piccole descrizioni, per niente prolisse, un’epoca così convulsa. Maffeo, anche un po’ rozzo, è un personaggio che sembra simpatico al lettore da subito. Si intuisce che non è un uomo cattivo, se lo sembra è dovuto all’epoca in cui vive e la città in cui abita. È un uomo del suo tempo, un uomo che deve indossare una maschera, altrimenti i lupi lo mangeranno, e, certamente, i lupi cercheranno di farlo. 
Ma quelli come Maffeo sono superstiti, mai vittime, e alla fine, ce la faranno nonostante tutto e tutti.