Francia, verano de 1781
Ir a TRADUCCIONES
Cuentos en castellano, gallego e italiano. Libros de María Acosta Díaz. Traducciones de libros. Reseñas de libros en castellano, gallego e italiano.
Francia, verano de 1781
Ir a TRADUCCIONES
―¡Gracias a Dios! Ha terminado
Ir a TRADUCCIONES
Questo non è stato un libro facile da leggere, quantomeno per me. Le biografie, neanche quelle romanzate, non mi piacciono un granché. Ma ci ho provato. Sono riuscita a finirlo. Mozart, scusatemi, è stato un musicista che non ho potuto mai sentire senza innervosirmi. Avevo letto qualcosa riguardo la sua vita. tuttavia, il rapporto tra lui e sua sorella era qualcosa di sconosciuto per me. Così ho preso il libro molto incuriosita. Alla fine, mi è piaciuto.
Ma non per il linguaggio, né la storia d’amore tra Nanerl e Armand. Mi è piaciuto perché credo che Rita Charbonnier è riuscita a descrivere la lotta interna delle donne intelligenti e coraggiose di qualsiasi epoca: provare disagio nei confronti della società che vede loro soltanto come madri e spose, sentire la diffidenza che la famiglia prova nei confronti dei loro sogni di indipendenza, di sviluppo delle loro personalità, di poter svolgere una vita che sia piena e bella.
Nanerl deve lavorare come professoressa di piano affinché il fratello, un genio della musica (anche lei è allo stesso livello del fratello) possa viaggiare per l’Europa insieme al padre. Nanerl sembra scontrosa con l’intero mondo, ma, veramente, è arrabbiata con sé stessa perché non si è ribellata con tutta la sua forza contro quelli che hanno infranto i suoi sogni, che non le hanno permesso di essere libera.
A metà del romanzo non si sa ancora quale sarà il finale di Nanerl. Ma lei riuscirà a sollevarsi dalla sua sofferenza, a rompere gli argini che la società e la famiglia (prima, il padre; poi, il fratello) hanno cercato di mettere intorno a lei per trattenere la sua forza e la sua voglia di vivere.
Ce la farà o meno? Leggete il libro e riuscirebbe a conoscere lo sviluppo di una donna così speciale.
Nanerl, comunque, ce l’ha fatta. Ha sposato un uomo che la capisce e durante qualche anno ha fatto la sposa e la madre. La morte di Amadeus è il colpo definitivo per farla capire qual è stato il suo destino da sempre, forse si è convinta a non andare avanti con la sua carriera di musicista, forse ha creduto veramente che diventare la persona che avrebbe diffuso l’opera di Amadeus fosse stato il suo vero scopo nella vita.
Sia la trama sia l’ambientazione mi hanno ricordato un capolavoro della letteratura italiana del XX secolo: Il nome della Rosa, di Umberto Eco, ma non considero questo romanzo nè banale, né una brutta copia di quello del maestro Eco.
Piuttosto Sonetti al veleno mi sembra un degno successore del famoso romanzo.
Pur nelle diferenze lo spirito rimane: due conventi, degli strani omicidi, una pergamena, un assassino.
Che il viaggiatore sia Estrella, una donna, dà al romanzo un senso di modernità. La lotta delle donne è la stessa da secoli: la loro independenza, la loro educazione, lo sviluppo personale. Estrella è un personaggio speciale, con una vita speciale, e forse bizzarra, una vita da viandante in cerca dell’amore e del suo destino.
Nel suo percorso incontra personaggi diversi per carattere e qualità: supponenti come l’abate, generose come Frate Cesare e superstiziose come la badessa, temibili e infide come quelli che alle sue spalle tramano nell'ombra.
Ma Estrella se la caverà benissimo, come l'autrice.
Greta è una giovane donna, sui trent’anni, che abita in un piccolo paese sulle sponde del Lago di Bolsena, lavora nell’ufficio di un notaio e non è tanto felice come avrebbe desiderato. C’è qualcosa nel suo passato che non la lascia in pace, che la perseguita e la avvolge. Mentre si reca per lavoro sull’isola Bisentina, perla del Lago di Bolsena, conosce un ragazzo, un marinaio. Sembra che tra loro possa nascere qualcosa di bello, ma Greta è bloccata da un segreto che non ha condiviso mai con nessuno.
Questo segreto, questo sgomento che non la lascia svolgere come persona e come donna ha la sua origine sull’isola dov’è nata: la Sicilia.
Così la giovane donna decide di ritornare alle sue radici.
È un percorso fisico ma anche dell’anima perché deve capire, deve perdonare e perdonarsi affinché la sua vita abbia un senso, affinché possa svilupparsi in tutta la sua bellezza.
I rapporti con sua nonna e con i coloni che abitano a Ponte Agro, una tenuta dove si coltivano limoni e che lei ha ereditato da sua madre, non sono affatto facili ma Greta se la caverà benissimo. Si alzerà sui pregiudizi di tutti, sul come deve essere l’atteggiamento di una donna per bene.
Lei ha uno scopo che non deve dimenticare: capire se stessa e lottare per la sua felicità, dimenticare la ragazza che era scappata dalla Sicilia e diventare la donna che vuole essere. Una donna autonoma, forte, che sa ciò che vuole e come raggiungerlo.
Greta si ribella contro il ruolo della donna siciliana pacata, intimorita dagli uomini, senza personalità, senza il diritto a esprimere il proprio parere. Greta non vuole essere una donna usata dagli uomini e abusata dalle sue uguali.
Lei diverrà una di quelle donne che cadono e si alzano e ricadono un’altra volta ma che, finalmente, trovano il loro posto nel mondo, diventando finalmente una donna libera.
Piccolo gioiello giallo. Avrei potuto fermarmi qui e lasciare che gli altri lettori leggessero il libro, forse queste tre parole avrebbero potuto incuriosirli, o forse no. Ed è proprio per questo che dovrò dire qualcosa in più.
Un giallo non è tanto facile da scrivere come si pensa. Ci vuole uno schema molto preciso affinché tutto vada liscio, il lettore non si annoi e continui a leggere fino all’ultima riga del libro. Danio Mariani ci riesce, e come!
L’eroe: un maresciallo in pensione per un incidente di lavoro: Antonio Molinaro.
La chiamata dell’avventura: un ex-poliziotto, Vito Bonfiglio, scrive una lettera e gli chiede di andare da lui per un piccolo soggiorno. Molinaro, che è rimasto su una sedia a rotelle, ci pensa un attimo ma poi prende il treno verso la Sicilia. Arrivato alla dimora del suo amico scopre la vera ragione per cui è lì.
Il rifiuto della chiamata: Vito Bonifiglio vuole che Molinaro faccia confessare a un capo della mafia i suoi delitti, perciò dovrà lavorare come infiltrato. Molinaro non vuole, rifiuta la richiesta dell’amico. È molto arrabbiato. Lui è un difensore della legge, ha sempre seguito le norme e questo che gli propone il suo amico è un affronto per la sua vita di carabiniere onesto.
L’assunzione dell’avventura: finalmente Molinaro dice di sì.
Da qui in poi il libro Una nuova vita di Danio Mariani va avanti con lo svolgimento chiamato Il viaggio dell’eroe: il varco della prima soglia; prove, amici e alleati, avvicinamento alla caverna più recondita, prova centrale, ricompensa, via di ritorno, resurrezione e ritorno con l’elisir.
Ma Danio Mariani non ha riempito queste tappe in maniera meccanica. Ha creato dei personaggi molto realistici e la trama coinvolge il lettore dal primo istante in cui conosce Molinaro. Cosa potrà fare un poliziotto invalido per aiutare il suo amico a mettere in carcere un criminale nelle sue stesse condizioni fisiche? Come farà per ottenere la confessione di questo boss che è ricoverato in un ospedale speciale e che, per giunta, è sorvegliato sia dalla polizia che dai gorilla che non lasciano a nessuno avvicinarsi al loro capo? Come farà a scoprire chi sono gli amici e, invece, quali sono i nemici che gli metteranno delle trappole affinché non riesca a raggiungere il suo scopo?
Se volete sapere tutto questo e anche di più, dovreste leggere il libro di Danio Mariani che, con un linguaggio semplice e con pennellate di ironia, racconta una storia coinvolgente e anche divertente.
E come può essere divertente un giallo il cui protagonista è un ex-carabinieri su una sedia a rotelle? Ad esempio, l’incontro con Buonfiglio:
Benvenuto a Monreale, maresciallo (…) Grazie, Vito (…) Ti presento la mia nuova amante (…) non disturba, non ti rimprovera quando alzi un po’ il gomito ma, soprattutto, non ti prosciuga il conto in banca.
Se volete sapere come finisce… leggete il libro.
RECENSIONE – ELDA. VITE DEI MAGNIFICI PERDENTI
Scrivere la recensione di un libro non è mai facile. E recensire un libro speciale come “Elda. Vite dei magnifici perdenti” della scrittrice Maria Adele Cipolla, può essere davvero difficile.
Il libro è complicato da capire? Il libro ha un linguaggio troppo specialistico o pieno di parole colte? Il libro ha un ritmo troppo lento o risulta pedante? No, assolutamente, no.
È giusto per la sua semplicità, per il suo linguaggio pulito e accurato, perché parla di cose note a tutti, anche a una spagnola come me, che non è così facile raccontarvi di Elda e della sua famiglia.
Ma cercherò di farlo.
Attraverso quest’opera ci viene racconta la Storia del periodo più convulso della Sicilia, quello tra gli anni 30 e gli anni 90 del ventesimo secolo.
Ogni personaggio ha un ruolo preciso, ad esempio:
Wanda e Guglielmo, i genitori di Giulio e Elda, sono il ritratto della borghesia degli anni 20 e 30 che brama vivere accanto ai nobili e mischiarsi ad essi. Hanno una vita sociale intensa e che ha la priorità su tutto, difatti la cura dei loro figli ricade sulla sorella di Guglielmo, zia Teresa.
La zia Teresa è quella che porta i bambini in spiaggia, che non si è sposata e abita con la madre e i fratelli in un appartamento in affitto. È quella che gioca con i ragazzi. La crema Nivea, il pranzo sulla spiaggia, la Singer a pedale… Ed è la prima a ribellarsi dal ruolo di zitella senza futuro che tutti le cuciono addosso arruolandosi nel corpo di volontarie della Croce Rossa.
Elda invece è una ragazza che si innamora di un aristocratico, Augusto, attraverso il quale conosce la vita delle famiglie benestanti, che vivono la guerra come se non li riguardasse, ma anche la vita miserabile dei loro braccianti e delle famiglie che lavorano per loro: Una volta si andò alla stalla a visitare un vitellino appena nato e Elda rimase senza parole accorgendosi che in un pagliericcio non lontano da quello delle bestie c’era il giaciglio di un bambino con la testa enorme, il moccio nel naso e gli occhi cisposi tormentati dagli stessi insetti che frequentavano gli escrementi delle vacche.
Giulio, il fratello di Elda, è un giovane uomo che vuole farsi una vita tutta sua e diversa da quella del padre.
Attraverso questi personaggi e di altri come Pietro e Ignazio, Ottavia, il Duca, la nonna Emma e i figli di tutta questa generazione che ha vissuto la seconda guerra mondiale e anche il dopo guerra, Maria Adele Cipolla ci parla della sinistra italiana e della lotta delle famiglie siciliane per farsi un futuro, ci racconta la crescita personale di un popolo, mostrando fatti che abbiamo solo letto nei libri di storia: il voto e l’accesso al lavoro delle donne, la lotta femminista e anche contro il maschilismo nel lavoro, i feudi, la lotta contro la mafia e la droga.
“Elda. Vite dei magnifici perdenti” è un libro scritto in maniera scorrevole e coinvolgente, che ti porta dritto nella storia di questa famiglia tanto speciale, costringendoti con naturalezza a riflettere sugli eventi di questo periodo storico.
La storia di Maria Adelle Cipolla inoltre non è solo la storia della Sicilia, ma dell’Italia e di tutta l'Europa. È il ritratto di tutti i giovani degli anni settanta e ottanta, senza alcuna differenza.
Come non sentirsi coinvolti da un ritratto così semplice e veritiero? Come non lasciarsi coinvolgere dai fatti raccontati che si mischiano ai propri ricordi? Impossibile.
LEGÀMI.
Ci sono legàmi di diversi tipi: Legàmi di sangue, legàmi di
amicizia, legàmi d’amore. In questo libro Roberta Mezzabarba,
tramite il personaggio di Guglielmo Rigoberti, ci parla in maniera
accurata e chiara di tutti questi legàmi.
Guglielmo è un
ventenne che vive una vita normale: è bello, forte, gentile,
frequenta l’università e va in palestra. Un giovane come altri
tanti che vivono in una città qualsiasi.
Sta per finire l’anno
1999 e Guglielmo, come tutti i suoi amici, andrà a festeggiare la
fine del Milennio. Ha una fidanzata, Gemma, una ragazza carina e
gentile. Tutto è a posto, tutto tranne che i suoi genitori non sono
proprio i suoi genitori. Lui è stato affidato ai Rigoberti la notte
di San Silvestro dell’anno 1979, giusto venti anni fa. Angelica sua
madre glielo svela prima che lui vada da Gemma e Guglielmo rimane
sbalordito da questa notizia. Un ciondolo e una vecchia Bibbia è
tutto quello che resta della sua madre naturale, gli dice Angelica.
Guglielmo se ne va con Gemma, il suo cervello gira e gira pensando
alle parole dette da sua madre... adottiva. Perché gli hanno mentito
in tutti questi anni? Come si chiama la sua madre naturale e perché
l’ha abbandonato?
Guglielmo e Gemma arrivano alla festa di
Capodanno. Il posto è affollato: ragazzi e ragazze che indossano
abiti strani e travestiti in mille modi diversi si divertono, la
musica è assordante. Tra pochi minuti il vecchio Milennio non ci
sarà più. Guglielmo si sposta per prendere due bicchieri di
champagne mentre Gemma rimane seduta su un divanetto. Quando
Guglielmo ritorna Gemma non c’è. Il ragazzo si siede sul divano,
sta pensando a tutto quello che gli ha detto Angelica e,
all’improvviso, una ragazza bruna si siede accanto a lui.
Da
questo momento Guglielmo comincerà un’avventura insieme a questa
ragazza sconosciuta che lo porterà fino alla follia... o quasi.
Da
questo momento, il romanzo prende un ritmo frenetico, pieno di scene
strane e drammatiche, e Guglielmo è trasportato come se fosse una
bambola senza volontà. C’è qualcosa di sinistro in questa
ragazza, Luana, e anche in suo padre Lucio.
LEGÀMI è una
storia che parla dei sentimenti umani, del destino, degli uomini e
donne che cercano di vivere la loro vita ma che, però, si sentono
costretti a fare qualcosa di diverso da quello che pensavano. LEGÀMI
parla anche della cattiveria umana, della follia di certe persone per
far sí che tutto diventi come loro credono che deve essere, senza
curarsi dei sentimenti altrui.
Con questo libro Roberta
Mezzabarba ha fatto centro. È riuscita, con parole semplici ma anche
tramite belle metafore, a descrivere i sentimenti umani alla ricerca
della propria identità, l’amore, l’amicizia e anche i dubbi che,
nel corso della nostra vita, hanno assalito tutti quanti. È questo
proprio lo scoppo della scrittrice: riflettere sulla realtà in cui
siamo sommersi: sarà soltanto un sogno, un incubo o qualcosa che
hanno deciso altre persone per noi? Siamo i padroni della nostra vita
oppure c’è una forza che ci traccia il sentiero che dobbiamo
seguire senza rendercene conto?